Lo stile di vita dei picchi è intenso. Per procurarsi il cibo sono infatti in grado di picchiare fino a 20 volte al secondo sul tronco degli alberi, con decelerazioni che raggiungono i 1200-1400 g, circa 14 volte quanto necessario per dare una concussione ad un essere umano. Avevamo delle teorie su come i picchi evitano il trauma cranico, ma una recente ricerca potrebbe averle ribaltate completamente.
Niente trauma cranico per i picchi
Per spiegare come i picchi sono in grado di proteggere il loro cervello dai ripetuti impatti, gli scienziati avevano diverse teorie. La maggior parte di queste assumevano la presenza di elementi strutturali che assorbano l’urto al posto del cervello, come un tessuto osseo spugnoso.
L’idea, dopo un’analisi più attenta, risulta però paradossale. Uno o più elementi di questo tipo renderebbero infatti i colpi meno potenti e quindi meno efficaci. Visto che comunque il picchio muove la testa ad alta velocità proprio per raggiungere quella forza di penetrazione, si tratterebbe di uno spreco di energia evitabile, visto potrebbe otterrebbe lo stesso effetto semplicemente muovendo la testa più piano. I ricercatori sono quindi andati ad analizzare altri fattori.
Un cervello piccolo
Per farlo, i ricercatori dello studio in questione hanno studiato più di 100 video ad alta velocità di sei diversi picchi appartenenti a tre specie diverse: picchio nero, pileato e rosso maggiore. La varietà di specie serviva a capire il meccanismo comune a tutti i picchi, a prescindere dalla provenienza geografica e dalle dimensioni. Il team di ricercatori ha preso come riferimento diversi punti di becco, occhi e cranio per capire appieno il movimento del cranio e del cervello, considerando quest’ultimo come solidale agli occhi.
Unendo questi studi con una simulazione al computer, i ricercatori hanno determinato che il cervello si muove in maniera solidale con il resto della testa, confermando l’assenza di cuscinetti o altri elementi che attutiscano il colpo.
Qual è quindi il segreto dei picchi? Considerando le dimensioni del loro cervello e del loro corpo, sembra non ci siano segreti. Semplicemente, il loro cervello non è soggetto allo stesso livello di pressione che un cervello più grosso (come il nostro) subirebbe da queste decelerazioni. Secondo i ricercatori, servirebbe una forza d’impatto circa doppia, o un legno circa quattro volte più duro, per causare una trauma cranico.
Il prossimo passo sarà quindi capire, per fini di preservazione, se i picchi subiscono danni quando picchiano su materiali diversi dal legno, come il metallo dei pali o i mattoni delle case. Intanto, però, possiamo iniziare almeno a mettere da parte tutti i design di elmetti e altri elementi di protezioni “ispirati” alla testa del picchio, visto che sono basati sul nulla.
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