Dopo un lungo percorso dal suo debutto alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, La figlia oscura arriva finalmente nelle sale italiane. Sulla strada ha raccolto anche tre candidature agli Oscar di cui nessuna concretizzatasi in un premio. Ed è un peccato, perché l’opera prima di Maggie Gyllenhaal è un racconto davvero intenso e imperdibile.
La figlia oscura, due (o tre?) storie parallele a distanza
Protagonista assoluta di questa storia è Leda Caruso, professoressa universitaria, traduttrice e ricercatrice. Seguiamo la sua avventura durante una vacanza in Grecia dove affitta una casa per l’estate. Un periodo che si prenderà per staccare dalla vita a cui è abituata, per rilassarsi e riflettere. E che forse rivelerà più sorprese di quanto si aspettasse.
Nel suo soggiorno la protagonista fa la conoscenza della caotica famiglia che frequenta quel luogo. Mentre si trova sulla spiaggia, la piccola Elena si perde nel bosco e sarà proprio Leda a ritrovarla. Questo le permetterà di legare con la giovane madre Nina, con cui stringe un legame forte. Leda rivede nella ragazza una parte di sé stessa e il pubblico è spinto a fare lo stesso, tramite flashback che raccontano del passato della protagonista.
La forza de La figlia oscura sta proprio nella sua capacità di raccontare una storia difficile. I temi che stanno al suo centro, dalle difficoltà della genitorialità alla depressione, fino alla realizzazione di sé raramente sono affrontati nella cultura popolare con questa chiarezza e durezza. Non c’è nulla a smorzarne l’impatto, nessuna ironia fuori luogo. È un’esperienza impegnativa di visione.
Anche perché Leda Caruso non è certo un personaggio con cui è sempre semplice empatizzare. Una figura che agisce in maniera a volte ingiustificabile, che facciamo fatica a comprendere anche una volta che piano piano impariamo a conoscerla. Ma tutto questo non fa altro che rendere più vero questo film.
Interpreti straordinarie di una storia
Sarebbe davvero difficile riuscire a immaginare un’attrice diversa da Olivia Colman per questo ruolo. Sembra scritto appositamente per lei, che ancora una volta riesce a offrire una performance eccezionale. Le complesse pieghe del carattere di Leda Caruso sono riportate con viva forza da parte dell’attrice britannica, che non avrebbe certo sfigurato con una statuetta alla Notte degli Oscar di qualche giorno fa.
E un simile plauso è dovuto a Jessie Buckley, che dà vita al personaggio nei flashback. Vederla affrontare l’evoluzione del rapporto di Leda con le figlie, seguendone ogni passaggio è emozionante e toccante. La capacità che ha di guidarci in ogni sfumatura, in ogni dubbio, in ogni incertezza che caratterizza la sua crescita è straordinaria.
Non bisogna poi dimenticare il lavoro fatto da Maggie Gyllenhaal, alla sua prima esperienza come regista di un lungometraggio. Nonostante tutte le difficoltà incontrate dalla produzione indipendente, che ha dovuto attraversare le fasi più dure della pandemia, il suo lavoro è davvero meritevole.
Una delle sequenze più affascinanti è sicuramente quella che coinvolge Leda e Lyle, il custode dell’appartamento in cui alloggia. Un momento carico di significato, ma soprattutto di tensione, ottenuta in maniera naturale e fluida. Basta un semplice punto di vista attentamente posizionato per tenerci con il fiato sospeso, ansiosi di scoprire cosa succederà.
La figlia oscura è un’opera da recuperare
Il nostro consiglio quindi è di non lasciarvi assolutamente sfuggire questo film. Recuperatelo al più presto e possibilmente in sala, per poter vivere questa intensa esperienza in maniera inalterata, libera da qualsiasi distrazione. La figlia oscura non è un film da vedere in compagnia degli amici per una serata leggera, chiaramente, ma siamo sicuri che saprà toccare nel profondo chi sceglierà di vederlo.
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