Tre manifesti a Ebbing, Missouri: risate amare, ambiguità morale e messaggi importanti
11 Gennaio 2018
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Domenica scorsa, nella notte italiana, si è tenuta la cerimonia di consegna dei Golden Globe, premio dedicato al mondo cinematografico e televisivo assegnato dalla Hollywood Foreign Press Association. Si tratta di uno dei riconoscimenti più importanti dell'ambiente, che apre le porte alla stagione degli awards che porterà nelle prossime settimane alla tanto attesa Notte degli Oscar. E tra discorsi toccanti, come quello di Oprah Winfrey alla consegna del Cecil B. de Mille Award, e altri più "curiosi" come quello di James Franco, letto direttamente dal suo smartphone, 3 manifesti a Ebbing, Missouri ha portato a casa ben 4 Golden Globe, tra cui quello al miglior film drammatico (qui trovate la lista completa dei vincitori).
Se ci avete seguiti attentamente negli ultimi mesi, ricorderete che abbiamo visto il film di Martin McDonagh lo scorso settembre, durante la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, lodandolo largamente e inserendolo tra i nostri film preferiti della rassegna. I ritmi serrati del Festival tuttavia non avevano lasciato spazio a una riflessione più approfondita, ma ora è giunto il momento.
I tre manifesti a cui fa riferimento il titolo sono quelli con i quali Mildred Hayes, interpretata da Frances McDormand, cerca di ottenere giustizia per la violenta morte della figlia, per la quale la polizia non ha ancora trovato un colpevole. Inizia così una sfida fatta di provocazioni e tentativi di discredito agli occhi dell'opinione pubblica con il corpo di polizia e in particolare con lo sceriffo Bill Willoughby (alias Woody Harrelson).
Quella che potrebbe essere però letta come una classica storia di lotta contro il potere corrotto, una madre coraggio disposta a tutto per onorare la memoria della sua bambina, viene riletta e problematizzata. Lungo la storia personaggi che sembravano essere squadrati, tagliati con l'accetta assumono sempre più un carattere sfumato con occasioni di riscatto o viceversa. La polizia è davvero corrotta e disinteressata alla sorte della figlia di Mildred o semplicemente non sempre è possibile trovare il colpevole di un delitto, per quanti sforzi si facciano?
Oltre a trattare temi di grande rilevanza sociale, come il problema del razzismo o della violenza sulle donne, pone un forte accento sulla sempre crescente polarizzazione delle opinioni, dove il mondo è diviso in buoni e cattivi fino alle estreme conseguenze. Questo è facilmente individuabile nella reazione della popolazione alla protesta di Mildred e, dall'altra faccia della medaglia, nella sua stessa convinta ostinazione nonostante tutto e tutti. A volte, è più giusto fermarsi a riflettere e comprendere che la logica del "o con me o contro di me" non porta da nessuna parte e molto spesso non ha alcun fondamento. "Solo un Sith vive di assoluti" direbbe qualcuno.
Se il risultato finale è credibile e realistico, molto lo si deve alle performance attoriali, a partire da Woody Harrelson che ricorda a tratti il Marty Hart della prima stagione di True Detective. Le vere star però sono Frances McDormand e Sam Rockwell che regalano due interpretazioni di altissimo calibro, intense e versatili. Un'ottima conferma delle grandi capacità di entrambi.
Un'ultima menzione d'onore va alla sceneggiatura, anch'essa di Martin McDonagh, che riesce in scioltezza a muoversi tra diversi registri, passando da momenti di altissima comicità alla tensione e alla commozione più pura. In sala si ride di gusto in un momento e il secondo dopo si sentono le lacrime scorrere sulle guance, il tutto mantenendo una storia solida, una struttura funzionale e un racconto molto godibile nel suo complesso.
In conclusione, Tre manifesti a Ebbing, Missouri è un film davvero meritevole, che vi consigliamo di andare a vedere al più presto. Qualche mese fa dal Lido avevamo lanciato questo pronostico: "Siamo solo all'inizio della stagione dei premi cinematografici, ma possiamo scommettere sul fatto che sarà un grande protagonista". Il primo punto è stato segnato, ora non resta vedere come proseguirà la corsa.
Ama il cinema in ogni sua forma e cova in segreto il sogno di vincere un Premio Oscar per la Miglior Sceneggiatura. Nel frattempo assaggia ogni pietanza disponibile sulla grande tavolata dell'intrattenimento dalle serie TV ai fumetti, passando per musica e libri. Un riflesso condizionato lo porta a scattare un selfie ogni volta che ha una fotocamera per le mani. Gli scienziati stanno ancora cercando una spiegazione a questo fenomeno.
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