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Comfort Women: quando la verità è scomoda

Per quanto io apprezzi le varie sfumature del Giappone, ci sono alcune situazioni e alcuni comportamenti che non riesco ad accettare.
Sappiamo tutti che non possiamo lasciare che l'amore per un Paese, o una passione, ci rendano ciechi davanti ai difetti e alle colpe.
Vi starete chiedendo di cosa stiamo parlando, di quale torbido segreto nascosto dai gentili giapponesi.
Ebbene, sono diverse le questioni che mi fanno storcere il naso, di almeno una ho già scritto in passato ed oggi voglio raccontarvene un'altra.
慰安婦 (ianfu) è il termine con cui vengono definite le donne che durante la Seconda guerra mondiale sono state costrette a “offrire” il loro corpo ai soldati giapponesi.
Più comunemente sono conosciute come Comfort women.
All'inizio pare si trattasse di “centri del comfort” composti da prostitute (giapponesi e non) offertesi volontarie, ma che poi con l'andar avanti nel tempo la cosa sia sfuggita di mano.
Lo scopo di questi centri era quello di prevenire gli stupri di guerra, ma stando a quanto raccontano le testimoni che hanno avuto il coraggio di farsi avanti dopo il conflitto, è comunque di questo che si è trattato; ragazze rapite dalle loro case, altre attirate con promesse di lavori in fabbrica o nei ristoranti, che invece si sono trovate a subire abusi sessuali ogni giorno.
Sebbene rappresenti ancora una ferita aperta soprattutto nei rapporti con la Corea, pare che non fossero coinvolte solo fanciulle coreane, bensì molte provenienti anche da altre nazioni occupate, come Thailandia, Vietnam, Filippine, e che il loro numero non sia tutt'ora ancora stato ben identificato con un range che va dalle 20.000 ad addirittura le 400.000.
Per parecchio tempo il Giappone ha negato i rapimenti e le costrizioni, ma sono stati ritrovati documenti ufficiali che confermavano le testimonianze delle donne.
Nell'arco degli anni, sono state fatte scuse e offerti indennizzi, ma ad ogni conferma seguiva una smentita.
Tutt'ora la situazione è spinosa. 
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Per esempio, davanti all'ambasciata giapponese a Seoul c'è la statua di una donna che simboleggia le vittime.
Alla fine del 2015 il Primo Ministro Abe Shinzo, in seguito a un accordo tra i Ministri degli Esteri giapponese e coreano, ha chiamato il presidente coreano Park Geun- Hye offrendo scuse sincere e piene di rimorso.
Lo stesso Kishida Fumio, ministro degli esteri, ha affermato in una conferenza stampa tenutasi a Seoul che Abe si sarebbe scusato anche direttamente con le “comfort women” e che Tōkyō avrebbe finanziato un fondo di 1 miliardo di Yen per le sopravvissute.
Kishida e Yun Byung-Se, il ministro coreano, hanno anche detto che sarebbe stato firmato un trattato che avrebbe sistemato le cose una volta per tutte.
 
Anni e anni di lotte, di rifiuti e finto rimorso, di occhi chiusi sui problemi, hanno reso più profonde le ferite inferte al corpo e allo spirito di queste donne, vittime della brutalità umana e della vergogna.
In teoria gli accordi dello scorso anno dovrebbero aver creato le basi per un rapporto migliore tra le due nazioni, ma tutto è ancora da vedere. Soprattutto per l'ostinazione con cui i rappresentanti giapponesi tendono a non voler vedere e riconoscere gli errori che il proprio Paese ha compiuto negli anni.
Nessuno è perfetto, e spesso coloro che provano con tutte le forze a esserlo, nascondono macchie ancora più grandi e ombre ancora più lunghe.

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Commenti

  1. Ecco, la solita propaganda filo-Cinese. Come giustamente descritto al Museo della Guerra Yushukan, a Tokyo, quello si chiama “L’Incidente di Nanchino”. Praticamente 300K cinesi sono inciampati e caduti su baionette e katana della forza d’occupazione. 

  2. Mi pare di aver letto che solo con l’Imperatore Akihito (1989) si sia riconosciuto il motivo colonialistico che ha portato all’invasione dei territori in Cina, Russia e Corea nell’800/900. FIno ad allora girava la tesi che tali popoli avessero “chiesto” al Giappone di essere liberati. Un altro esempio è il famoso ritardo del telegramma di dichiarazione di guerra agli Stati Uniti, attribuito a un disguido postale.
    I giapponesi sono grandi in tantissime cose, ma si vergognano del loro passato nascondendolo sotto un tappeto, mentre bisognerebbe ammettere per fare sì che non si verifichino più.

  3. Sai una cosa?temo non lo nascondano per vergogna,ma per mancanza di vero pentimento,semplicemente non ne parlano per evitare di fare la parte dei colpevoli non sentendocisi.Preferiscono di gran lunga la parte delle vittime delle atomiche.

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