Ormai siamo a un passo dall'estate, vicini al termine della programmazione televisiva, con l'inizio di quel loop catastrofico di repliche di serie, show e quant'altro, accomunati soltanto dall'essere riprodotti in modalità casuale, rendendo tutto così confuso da non capire perché Sam Winchester in realtà si chiami Dean e sia il ragazzo di Rory in Gilmore Girls.
Non che il resto dell'anno sia normalmente intriso di meraviglie intellettuali, anzi, quando accendo il televisore, lo faccio essenzialmente per nutrire senza troppi sforzi e con risultati assicurati quel bisogno di trash che proprio non riesco a scrollarmi di dosso.
Volevo quindi tirare un po' le fila del peggio nella TV spazzatura, senza però scadere nel populismo becero su quanto faccia schifo, quello si può sempre fare al bar: qui si vuole invece scavare nelle profondità più remote, e secondo me sul fondo del barile si trovano i reality show con tutto ciò che si porta appresso il concetto di TV verità, sempre che di concetti si possa parlare. O di verità.
A questo proposito, nei mesi televisivamente caldi dell'anno abbiamo avuto ancora il Grande Fratello, con tutti i suoi casi umani nella casa e a casa; altrove c'era Pechino Express… ma perché poi si chiama ancora così se erano in Sud America ? Seriamente, qualcuno me lo spieghi, voglio capire. Da qualche parte ho anche intravisto gente che si spoglia e chiacchiera in un letto, mentre su almeno un canale, c'è sempre uno chef che va in giro a fare miracoli.
Escludo da questa prosa i talent show, che meriterebbero un approfondimento a sé stante. Anche se da musicista mi prudono le mani e prima o poi qualche schiaffo (morale) lo tiro anche a loro.
Aumentiamo la difficoltà eliminando gente nuda nelle foreste, parti inaspettati e isole varie… che ci resta?
Tanto, ragazzi miei, troppo. Eppure un certo fascino esiste.
Per esempio, lo sapevate che la TV reality c'è da tantissimo tempo?
Voglio dire, pensate alle candid camera, tutto sommato si tratta di persone vere, immortalate in azioni e reazioni realistiche in scenari quotidiani, magari surreali, ma parte della realtà. Questa forma di intrattenimento parte dalla radio, cresce in televisione fin dagli anni Quaranta e si sviluppa attraverso vari sentieri, in cui attori si interfacciano con ignari partecipanti, oppure commentatori esterni descrivono azioni e reazioni, spesso rovinando il gusto del semplice osservare dello spettatore.
Nelle decadi successive, si avvicendano programmi in stile documentaristico, come The Up Series (o Seven Up!), una serie di film che una volta ogni sette anni, riportano la crescita di quattordici bambini inglesi da quando avevano sette anni nel 1964 fino ai giorni nostri. Un altro programma emblematico è The American Sportsman, uno show che presenta celebrità alle prese con attività ludiche e sportive, con più o meno talento e successo.
E secondo me è proprio questo che ci porta all'attuale reality TV, che in origine e in certe sue forme può essere un po' confuso con il genere documentario per il rapporto veritiero di resoconto della realtà, ma è proprio l'assenza di un talento particolare che emerge dai reality show a distinguere quest'ultimo dal reportage documentaristico.
Una volta eliminata ogni abilità specifica dalla rappresentazione reale, il passo verso il baratro del trash è quasi inevitabile, dunque fioriscono format che vengono addirittura esportati in giro per il mondo: vi ricordate de Il brutto anatroccolo, in cui Amanda Lear presentava persone comuni che chiedevano un restyle per migliorare il proprio aspetto fisico? Se sembrava superficiale e di cattivo gusto già questo, la sua evoluzione negli anni a venire con interventi di chirurgia plastica in Bisturi! Nessuno è perfetto, fa quasi apprezzare la frivolezza innocente del primo.
Partire da un'idea e riapplicarla a un nuovo programma per emularne il successo senza fatica non è certo solo prerogativa italiana, anzi, negli Stati Uniti un esempio davvero sconfortante è Sunset Daze, una comunità per ricchissimi e viziatissimi settantenni che ne combinano di ogni, sulla falsa riga di Jersey Shore (e derivati), con un risultato ancora più grottesco dell'originale.
Ma in giro per il mondo esistono programmi e format senza limite al trash, che speriamo mai verranno esportati, come uno show basato su una ragazza adottata che incontra 25 uomini, e se riesce a riconoscere chi è il suo vero padre, vincerà 100.000 dollari.
La lista di oscenità su piccolo schermo sarebbe davvero infinita, ma vorrei riportarvi alcuni programmi che davvero mi hanno impressionata, come Amish Mafia (dal contenuto facilmente intuibile), Heroes of Cosplay, in cui osserviamo come cosplayer più o meno abili costruiscano i loro costumi, vadano in giro per convention attraverso riconoscimenti e fallimenti, o anche Spoiled Rotten Pets, nel quale si celebrano matrimoni canini e vengono consultati “interpreti” per capire il volere degli animali.
Tra le idee strampalate alcune però sono davvero divertenti come Whisker Wars, in cui il capitano Phil Johnson cerca di formare la squadra perfetta di uomini barbuti per rappresentare degnamente gli Stati Uniti nel mondo.
Chiudo in bellezza con il capolavoro assoluto I cloned my pet: una donna consulta un medium per scoprire se il suo cane deceduto voglia o meno essere clonato e, pagando migliaia di dollari una compagnia sud-coreana, riuscirà a renderlo possibile?
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