Ho incontrato pochi geni nella mia vita. Molte persone brillanti e intelligenti, ma solo poche che posso classificare come geni. Douglas Adams era una di queste, perché vedeva le cose in modo diverso ed era in grado di comunicare il modo in cui le vedeva. Una volta mostrato il suo punto di vista era quasi impossibile guardare il mondo allo stesso modo.
Così Neil Gaiman parlava dell'autore del capolavoro della fantascienza Guida Galattica per Autostoppisti, alla lezione che ha tenuto nel 2015, in memoria dell'amico scomparso. Non crediamo che ci possa essere un modo migliore per iniziare a parlare di Douglas Adams.
Ci piacerebbe parlare dell'uomo che stava dietro all'idea della Guida Galattica, idea che ha precorso i tempi immaginando l'esistenza di un vero e proprio tablet più di trent'anni prima che questo accessorio invadesse il mercato, o prima che nascesse un'enciclopedia con la possibilità di essere sempre aggiornata.
Adams è l'autore di uno dei più valenti testi di fantascienza che siano mai stati scritti, anche se per decenni è stato considerato una parodia della SF, qualcosa che si prendeva gioco di essa.
Ma Douglas era più del grande classico che ha scritto. Era un esperto conoscitore della tecnologia, era profondamente innamorato della natura e dell'ecologia, amore così intenso che lo ha portato, in più di un'occasione, a usare la propria influenza e la propria fama per combattere contro l'imminente estinzione di varie specie animali: il suo libro L'ultima occasione (Last chance to see) è infatti un resoconto di un lungo viaggio attorno al mondo in cui l'autore è andato alla ricerca delle specie sull'orlo dell'estinzione. L'opera, che mirava a sensibilizzare il pubblico riguardo al danno prodotto dall'uomo, aveva visto l'autore mettersi alla ricerca di animali come l'Aye-aye del Madagascar o il pappagallo Kakapo della Nuova Zelanda. Ma la battaglia prediletta di Adams è sempre stata quella per la conservazione del rinoceronte (potevamo forse non citarlo?) che lo ha portato a organizzare eventi, raccolte fondi e persino a correre maratone e scalare montagne calato proprio in un costume da rinoceronte.
Vedere l'autore oltre l'opera che lo ha reso famoso ci aiuta a comprendere quale fosse il rapporto che aveva con la tecnologia di cui scriveva con così divertente ingegno: in un'intervista rilasciata poco tempo prima che un attacco cardiaco lo portasse via, rendendo il mondo un po' più povero, alla domanda su cosa pensasse riguardo alla possibilità di creare vita artificiale ha risposto:
La vita artificiale sarà il fenomeno più potente che abbiamo mai creato, ma c'è una tendenza di pensiero che io credo sia davvero sbagliata: l'idea che la vita sia qualcosa di caotico e non ben progettato, e che noi possiamo migliorarla. Guardavo uno dei film di Star Trek, in cui le persone venivano trasformate in Borg. Qualcosa di incredibilmente sublime, straordinario e preciso come l'occhio umano veniva rimpiazzato con qualcosa che potesse ripararsi da solo con pezzi di metallo e vetro, come se questo rappresentasse un miglioramento, o nei muscoli venivano inseriti pezzi d'acciaio o plastica. Continuiamo a credere di poter progettare qualcosa di migliore della vita. Stiamo iniziando a capire solo ora che è proprio questa caoticità a rendere la vita infinitamente flessibile, riproducibile e capace di evolvere. La vita ha questi poteri straordinari a cui la progettazione e l'ingegneria non ha nemmeno iniziato ad approcciarsi. Dovremmo essere più umili davanti a ciò che la vita costruisce.
Da queste parole traspare un evidente rispetto per le forme di vita del nostro pianeta, per ogni forma di vita. L'evoluzione tecnologica al servizio della vita e non il contrario, questo era uno dei suoi cavalli di battaglia: utilizzare il potere dei computer e dell'informatica per comprendere le forme di esistenza - cosa che non le priverebbe affatto di sacralità e magia -, sapere da dove viene e come funziona la vita, secondo Douglas Adams renderebbe l'esperienza di ognuno molto più ricca, profonda.
Questo, come detto da Gaiman, potrebbe farci vedere le sue opere sotto una nuova luce, restituendo una profondità che spesso non viene loro attribuita; senza poi vederle più allo stesso modo.
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Parole sagge. E il Kakapo continua placido a posarsi sulla roccia e a emettere il suo richiamo baritonale, senza nessuna preoccupazione a sto mondo.
Quanto ridere in quel video all’università della California in cui ci racconta tutto ciò. Ridere e piangere, ma pur sempre ridere.
Grazie DNA