Intrattenimento

L’eroe è colui che combatte per il cambiamento o per l’equilibrio?

L'eroe. Colui che salva il mondo, colui che impedisce a forze oscure di poter stringere il creato nelle loro mani.
Quante volte l'abbiamo visto? Cinema, fumetti, libri… la narrativa è piena di personaggi che si battono con tutte le loro forze, a rischio della vita per mantenere il mondo così com'è.
Vi siete mai soffermati a riflettere su questo punto? La maggior parte dei nostri beniamini fa parte di una schiera  di campioni il cui unico obiettivo è il mantenimento dello status quo. Né più né meno.
Certo, non sto parlando di coloro che combattono il crimine con l'obiettivo di mantenere una pace sociale e garantire ai normali cittadini una normale vita priva di pericolo, ma vorrei piuttosto soffermarmi sull'idea che traspare da questo tipo di personaggio e storia, una volta spogliati dalle caratterizzazioni situazionali e di trama: è un campione del bene colui che si batte per proteggere una situazione preesistente, per impedire che fattori esterni o interni vadano a portare il cambiamento.
Si potrebbe sostenere che lo scopo di questo tipo di personaggi sia quello di "Proteggere" le vite e le società di cui sono campioni (facile fare un esempio con gli attuali Avengers, oppure i protagonisti de "Il Signore degli Anelli", lo stile della Justice League e chi più ne ha più ne metta) da forze esterne che cercano di conquistare o distruggere. A conti fatti queste stesse forze esterne, che vogliono cambiare lo stato delle cose, vengono sempre dipinte come qualcosa di negativo, di malvagio, qualcosa da fermare a tutti i costi, poiché il loro scopo è quello di privarci del nostro modo di vivere, della nostra libertà e della nostra tradizione.
il messaggio di base che passa, una volta spogliate le parti delle tipiche caratteristiche "buoni-cattivi" o "luce-ombra" è che il nostro mondo sia perfetto così com'è e che chiunque voglia cambiarlo è il male.
Ma non tutte le opere (per fortuna) sono di questo tipo: esistono molti autori, sia di fumetti che di romanzi che mettono al centro della loro produzione non l'elogio dello status quo, ma bensì il cambiamento.
Anche una semplice presa di coscienza di sé stessi può essere un'infrazione della staticità delle cose: è il caso di Elric di Melniboné (protagonista della più famosa saga scritta dall'inglese Michael Moorcock) il quale, al termine del suo viaggio alla scoperta del mondo che esiste fuori dal suo impero, prende coscienza di come stiano davvero le cose nella sua terra, e questo lo porterà a compiere scelte epocali dalle quali non potrà più tornare indietro.
Oppure possiamo parlare del modo più classico ed eclatante di sovvertire lo status quo: la rivoluzione. Per restare nell'area della letteratura fantastica, anche se più recente, è doveroso citare "Mistborn – the final Empire" di Brandon Sanderson, la cui storia inizia proprio con l'intenzione dei protagonisti, Kelsier e Vin, di rovesciare il dio-tiranno che tiene in pugno il mondo morente di Scadrial.
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Parlando di rivoluzione potremmo forse esimerci dal nominare Alan Moore con le sue grandi graphic novel "V per Vendetta" e "Watchmen" in cui il cambiamento della situazione della società è il perno centrale della narrazione.
In queste opere (e in molte altre per dire la verità) i protagonisti quindi non hanno affatto il compito di "proteggere" quanto piuttosto quello di "distruggere". Queste persone sono forse da considerare meno eroiche di coloro che si battono per la salvezza del mondo? Per un lungo periodo di tempo questo tipo di storie sono state messe in secondo piano all'interno dei generi di intrattenimento ma, a poco a poco, le più famose stanno tornando a galla e i giovani autori scelgono sempre più spesso di narrare storie che non hanno nulla a che vedere con il salvataggio del mondo, ma con lo scoprire le verità nascoste in esso e cambiare le cose per il meglio. 
La tendenza delle storie sta cambiando, un po' alla volta, forse riflettendo un'epoca in cui la nostra società si sta lasciando alle spalle i conservatorismi che si è trascinata dietro da secoli. Passo dopo passo possiamo vedere come il "Cambiamento" nelle opere d'intrattenimento non sia più dipinto come una catastrofe, un'invasione, un complotto: è facile additare l'invasione degli orchi di Mordor, o il piano di Ultron di sostituire gli esseri umani con copie di se stesso come cose da fermare a tutti i costi, ed è giusto così, ma il messaggio che ogni opera di questo tipo fa passare è la sottile idea che il cambiamento vada osteggiato a ogni costo, che la società è perfetta così com'è e vada salvata.
Viviamo in una grande epoca di transizione e questo si sta riflettendo sempre di più sui prodotti letterari e artistici prodotti dalla nostra cultura e da quelle nostre vicine.
E gli eroi di libri, fumetti e serie tv stanno diventando gli araldi del futuro, non gli scudi del passato. Forse proprio perché ci vuole più coraggio per cambiare piuttosto che per rimanere gli stessi.

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Commenti

  1. L’articolo è interessante, anche se personalmente lo trovo un po’ fallace…
    Antropologicamente parlando, l’eroe è colui che cambiando se’ stesso, durante il suo percorso di formazione, estirpa una condizione di negatività per permettere di raggiungere un nuovo ordine,
    epurato dalle ombre che prima risiedevano in profondità…

  2. Bhe per rispondere al titolo, c’è eroismo non tanto nel preservare il felice status quo quanto nell’annichilire (e -in stile Neo- nell’annichilirsi con) un male assoluto. Il super eroe infondo è lì per salvare le vita dell’umanità non l’anima: di quella l’umanità stessa deve essere responsabile e non può essere “forzata a redimersi”.

    Se superman schizzasse da una sala di parlamento all’altra prelevando i politici corrotti, imponendo la “Luce” con la paura della punizione “divina” diverrebbe un tiranno, limitando quel bene che -i nostri nonni e bisnonni lo sanno bene- è più importante della vita, la libertà. Decadendo quindi dallo stato di super-eroe.

    Per citare Tolkien, non sta a noi (e neanche ai super-eroi, aggiungo io) dominare tutte le maree del mondo , ma sradicare ciascuno il male dal proprio giardino lasciandolo intatto -non perfetto- per le future generazioni.

    Ne il Signore degli Anelli tra l’altro (il libro ovviamente, non quella turpe farsa cinematografica) non viene “preservato l’equilibrio” al contrario la salvezza del mondo avviene al costo di una perdita immane per la terra di mezzo, la fine dell’era degli elfi e della “magia” … Lo stesso concetto di salvezza è soggetta alle entropiche leggi di decadimento della Bellezza e della beatitudine primeva, fortemente connessa al senso di “cacciata dall’eden” e di nostalgia dell’età dell’oro, fortemente permeante le culture nordiche e mediterranee da cui Tolkien ha attinto elementi per la sua opera.

    Se vediamo anche il finale della trilogia di Matrix, degno forse nella sua quadratura del cerchio filosofica, meno nella sua resa cinematografica, l’eroe non salva una civiltà perfetta, lui, bene assoluto si sacrifica per annientare un male assoluto, lasciando però in eredità una realtà meno che perfetta ed assai instabile.
    La conclusione a cui giungi, ossia che salvare il mondo equivale a confermarne i valori, è un po’ arbitraria e facilmente opinabile. Salvare il mondo equivale a mantenere viva la speranza che questo possa migliorare, l’eroe serve a sventare lo spauracchio della distruzione totale e ad ispirare le genti ma è alle genti che spetta la riforma della società.

    Se spuntano eroi che vogliono riformare la società significa semmai che stiamo diventando cittadini pigri e che la memoria della Guerra coi suoi antivalori e gli ideali di reazione che ha suscitato, sta ingrigendo nelle menti delle nuove generazioni. Ed invece di sognare di volare nello spazio a sventare minacce cosmiche, sogniamo di compiere imprese che sarebbero pienamente alla nostra portata, ma appena fuori della porta di casa. Il super-eroe moderno, se quello che dici è vero, è il super-eroe che ha il potere di vincere la forza di gravità che ci lega al divano.

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