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Macchine Mortali: una storia che già conosciamo

Debutta oggi nelle sale il film scritto da Peter Jackson, tratto dalla saga di Philip Reeve. Ecco la nostra recensione!

Oggi nelle sale italiane arriva Macchine Mortali, nuovo film diretto da Christian Rivers e scritto (anche) dall’uomo che ha portato al cinema la Terra di Mezzo, Peter Jackson. Anche in questo caso tutto parte da una serie di libri, in questo caso scritta da Philip Reeve. C’era una discreta curiosità per questo progetto nelle settimane precedenti, ma sarà riuscito a essere all’altezza delle aspettative? Vediamolo insieme in questa recensione!

Una nuova Terra, invasa da Macchine Mortali

macchine mortali recensione hugo weaving

Il film è ambientato in una realtà distopica e post-apocalittica. Dopo aver sconvolto il pianeta in un conflitto con armi distruttive, l’umanità si trova in una situazione completamente nuova. In questo mondo le città sono diventate giganteschi veicoli su ruote, su cui le persone conducono la propria vita. Ci sono paesi dedicati al commercio, alla pirateria, allo sfruttamento di risorse, ma soprattutto alla conquista, in un processo che viene definito Darwinismo urbano.

Durante l’attacco di Londra a una città minore facciamo la conoscenza dei vari protagonisti della vicenda, dallo storico Tom al condottiero Thaddeus Valentine, fino alla misteriosa Hester Shaw. Questi si ritroveranno intricati in una grande avventura da cui potrebbe dipendere l’equilibrio dell’intera nuova società umana.

La cosa più affascinante di Macchine Mortali è senza dubbio il mondo in cui è immerso. Il concetto stesso di Darwinismo urbano, connesso con l’immagine di Londra che quasi letteralmente divora una città minore all’inizio è davvero un’idea creativa. Vedere un mondo così devastato da riportare alla luce reliquie degli Antichi del XXI secolo quasi come se fossero testimonianze di civiltà aliene è impressionante.

Sono particolarmente interessanti i brevi riferimenti agli eventi passati. Il semplice accenno a una Guerra dei Sessanta Minuti, lascia immaginare allo spettatore tutto quello che è successo e come si è arrivati a questa realtà post-apocalittica. L’atmosfera steampunk, nella tecnologia ma anche nei costumi, e quel tocco di Mad Max negli inseguimenti fra città suggellano un pacchetto apparentemente affascinante.

Purtroppo però tutto questo appeal viene vanificato da quanto effettivamente accade nel film.

Uno schema già visto troppe volte

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Tutto ciò che accede in Macchine Mortali ricalca un modello ormai abusato, in un intreccio che lo spettatore conosce troppo bene. Fondamentalmente vengono mostrati quasi tutti gli archetipi di personaggi, tipicamente presenti in un’avventura di questo genere, senza aggiungere particolari innovazioni. Non serve essere un particolare appassionato di questo tipo di film per capire in poco tempo come si svilupperà il racconto in ogni sua parte.

In alcuni momenti si raggiunge quasi uno stato di frustrazione, dato che i personaggi scelgono strade sbagliate per procedere, senza accorgersi di ciò che è incredibilmente ovvio per lo spettatore. L’unico arco narrativo davvero interessante è quello dell’androide Shrike, dotato di un risvolto psicologico affascinante. Tuttavia, nell’economia del racconto il ruolo di questo personaggio è decisamente marginale e poco influente.

L’adesione a uno schema classico non è necessariamente un difetto o comunque un difetto grave, per film di questo tipo. Tuttavia, se rapportato alla bellezza, alla profondità e soprattutto agli innumerevoli spunti narrativi offerti dall’universo che è stato creato, tutto risulta ancora più difficile da digerire. A questo si aggiunge una cura non eccezionale per i dialoghi, che anche qui scadono spesso in espedienti retorici che il pubblico conosce già fin troppo bene.

Sul lato tecnico non c’è invece granché da eccepire. Sia Robert Sheehan (l’ex-Nathan di Misfits) che Hera Hilmar sono apprezzabili nel ruolo dei protagonisti e ovviamente Hugo Weaving non delude i suoi fan. Forse sarebbe stata utile una maggiore attenzione riguardo alla computer grafica. Non si tratta certo di una situazione disastrosa, ma in alcuni momenti appare leggermente inferiore rispetto alla media delle produzioni moderne.

Un’occasione mancata

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Macchine Mortali è in conclusione una pellicola che non riesce a capitalizzare sulle bellissime premesse che pone all’inizio. Non sarebbe giusto bocciarlo semplicemente per questo, perché resta comunque un film che funziona e può anche intrattenere. Resta comunque un po’ di amaro in bocca per quello che sarebbe potuto essere se avesse sfruttato in pieno il suo potenziale: un nuovo grande franchise capace di conquistare giovani e adulti. Peccato.

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Mattia Chiappani

Ama il cinema in ogni sua forma e cova in segreto il sogno di vincere un Premio Oscar per la Miglior Sceneggiatura. Nel frattempo assaggia ogni pietanza disponibile sulla grande tavolata dell'intrattenimento dalle serie TV ai fumetti, passando per musica e libri. Un riflesso condizionato lo porta a scattare un selfie ogni volta che ha una fotocamera per le mani. Gli scienziati stanno ancora cercando una spiegazione a questo fenomeno.

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