Non possiamo non parlarvi di una notizia uscita da qualche giorno e che da subito ha risvegliato in noi sapori quasi dimenticati, pensieri sconvolti da leggera malinconia, forse parentesi della memoria che credevamo sfumate in soluzioni algebrico – logiche (giusto per restare in tema maturità).
I Black Sabbath sono tornati. E questo lo sappiamo. Quello che ci permette di scrivere queste due righe con un sorriso quasi materno è che siano tornati in vetta alle classifiche britanniche con l’album “13”. Non accadeva da “Paranoid”.
Ora, questo non vuole essere un classico resoconto dell’album, a ognuno il proprio giudizio.
Non vogliamo certo catapultarci in recensioni didattiche su parallelismi musicali, tracotanti pareri sulla qualità del prodotto (termine orrendo) discografico, labirinti e disamine su ogni traccia della nuova fatica (si presume, si spera) di Ozzy e compagni.
Ciò che più ci interessa, invece, è chiedervi, e chiederci di rimando se, anche solo per un istante, un collasso di tempo compreso tra un “ancora 'sta musica…” e un “ecchissene…”, il suono di quelle sillabe così lontane e così forti, anche il solo pronunciare quel nome che così laicamente rimanda a tradizioni pseudo-esoteriche, non abbia risvegliato in qualcuno un sentimento nostalgico.
Una sorta di richiamo a qualcosa che è stato, qualcosa in cui abbiamo creduto, rivoluzione musicale, sociale, divina forse. Un “dolore del ritorno” verso anni in cui tutto sembrava più semplice.
Possiamo rispondere, ovviamente, solo per noi.
E’ noto quanto i “ragazzi di Birmingham “ abbiano influenzato e non poco non solo la scena musicale dell’epoca, ma anche le correnti successive. Onde di energia che fiorivano in rock pesante, quasi di liberazione, chitarre nervose in mani sapienti, voli notturni di lucciole e rapaci, strida laceranti tra umori di linfa e birra a fiumi, mari, oceani.
Qui rischiamo di cadere nella retorica più acclamata. Ma non possiamo fare a meno di chiederci quanti ragazzini, dopo aver ascoltato Master of Reality o Paranoid, abbiano sognato di prendere in mano una chitarra, amplificarla con distorsioni esagerate, e provare a ripetere quei suoni così heavy e paradossali. In quanti abbiano cercato di capire come quella voce a volte così acre potesse ipnotizzare anche il silenzio. E in quanti poi abbiano realizzato quei sogni.
Non diteci che almeno una volta, magari con in mano un boccale di ottima bionda (personalmente qualcuno qui preferisce la rossa doppio malto), ascoltando quei pezzi dal sapore metalussurioso, non siete stati colti dall’irrefrenabile desiderio di salire su un palco con i baffi alla Iommi e sfogare il quotidiano in Iron Man o War Pigs…
Continuiamo a domandarci, e qui si mette in gioco la parte nostalgica, quante band, quanti gruppi di ragazzini con belle speranze siano nati grazie all’influenza di gente simile, autentici visionari dell’impossibile.
Alcuni di noi fanno parte di uno di quei gruppi. Ancora adesso, con i capelli ricamati da perle di grigio, visti gli abbondanti anni trascorsi, ancora adesso accarezziamo i sogni di quel ragazzino che ha creduto nella musica, che tremante saliva su un palco di periferia per cantare la propria vita, la gioia, la debolezza, la solitudine degli anni giovanili. E lo guardiamo con dolcezza.
E cerchiamo negli occhi degli altri compagni di palco quella fiamma così fervida e potente, quella speranza che ci univa grazie a canzoni come quelle e alle quali ci ispiravamo per combattere, forse, contro i nostri stessi demoni.
Questo video a lato è un piccolo omaggio, senza pretese ovviamente, a chi come i Black Sabbath, Led Zeppelin, Beatles, Queen e mille altri ancora (ognuno ci metta chi gli pare), ha regalato una speranza e la voglia di esserci, non di essere speciale, ma di specialmente essere.
A G.,D.,M., miei fratelli.
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PARANOID è stato e continua ad essere per me uno dei capisaldi della musica Rock-Metal….
è un punto di riferimento per un aspirante batterista come me,visto che cerco di affinare la mia tecnica con brani come RAT SALAD “imitando”il grande Bill Ward…..